lunedì 22 febbraio 2010

il 22 del 22 nel 22

Il giorno è giunto, l'ora è giunta per intraprendere un nuovo percorso e un nuovo inizio.
Venghino Signori che qui c'è la polenta, bella calda, appena preparata! Ossequi, sua eccellenza, la sua lettera è stata ricevuta, sa lei è così educata, che talvolta mi dispiace per tutto ciò che l'è capitato!
È giusto che ora lei si riprenda tutto quanto, soprattutto la vigliaccheria che geneticamente le appartiene, il suo cognome che presto cambierà non mente!
Sebbene il rispetto nei suoi confronti è al di sotto delle suole delle scarpe voglio conderle una possibilità, la possibilità di sparire, vada dove vuole anche nel nostro territorio ma non si faccia più vedere. Stia tranquillo, la colpa non è sua, non è nostra, è dei suoi antenati.
Ancora baciamo la mano del potere come segno di ineferiorità, come simbolo di appartenenza ad uno Stato con le sue tradizioni, la tradizione dell'aver ucciso e non riconosciuto i veri seguaci di un Dio che forse non ci vuole più.
Il punto cruciale è dunque qui, nel centro della sfera in cui passano infinite rette, infinite strade che potrtano tutte nella medesima direzione, ma questo è un paradosso! No, il paradosso è il corrotto che ha il potere ed esplica una legge contro la corruzione. Ma no -disse il filosofo che si laureò in filologia ma era un'appasionato di psicologia e sociologia- possiama fermamente affermare che è un caso di analogia con la reltà, perchè tu credi che egli stipuli una legge corruzionale e invece è, semplicemente ed ovviamente, tuttaltro.
Perdonate il mio cinismo, ormai avvolto dal pessimismo, e perdonatemi nuovamente se in parte do la colpa a voi cittadini di uno Stato ancora inesistente.